30/04/2024


Questa Corte è costante nell’affermare che, una volta accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, la prova rigorosa del pagamento della retribuzione spetta al datore di lavoro, il quale se non può provare di aver corrisposto la retribuzione dovuta al dipendente mediante la normale documentazione liberatoria rappresentata dalle regolamentari buste paga recanti la firma dell'accipiente, deve fornire idonea documentazione dei relativi pagamenti che abbia in effetti eseguito in relazione ai singoli crediti vantati dal lavoratore (Cass. n. 4512 del 1992). 4. L'obbligo, previsto a carico del datore di lavoro dall'art. 1 della legge 5 gennaio 1953 n. 4, di consegnare ai lavoratori dipendenti all'atto della corresponsione della retribuzione un prospetto contenente l'indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione, non attiene alla prova dell'avvenuto pagamento, per la quale non sono sufficienti le annotazioni contenute nel prospetto stesso, ove il lavoratore ne contesti la corrispondenza alla retribuzione effettivamente erogata, l'onere dimostrativo di tale non corrispondenza può incombere sul lavoratore soltanto in caso di provata regolarità della documentazione liberatoria e del rilascio di quietanze da parte del dipendente, spettando in caso diverso al datore Firmato Da: SECCHI ENRICO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 58259cabe729f6b3706ddb96e6ff710c Firmato Da: ADRIANA DORONZO Emesso Da: ARUBAPEC EU QUALIFIED CERTIFICATES CA G1 Serial#: fe51f5a0767894c87756bedad83caf5 Numero registro generale 10638/2023 Numero sezionale 807/2024 Numero di raccolta generale 10663/2024 Data pubblicazione 19/04/2024 4 di lavoro la prova rigorosa dei pagamenti in effetti eseguiti (Cass. n. 1150 del 1994). 5. La Corte territoriale, con valutazione di merito insindacabile in questa sede di legittimità, ha accertato che la documentazione prodotta dal datore di lavoro (busta paga, bonifici) non era sufficiente a provare l’estinzione del debito riportato nella busta paga di novembre 2015. 6. La violazione dell'art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 18092 del 2020), mentre nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, interamente gravante sul datore di lavoro che intendeva liberarsi dell’obbligo retributivo.


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